13 ottobre 2013

Ponti di pace sul Danubio. L'opera pacificatrice di mons. Angelo Roncalli nella Chiesa del Nord Bulgaria

Lo scorso venerdì 11 ottobre ho avuto l'occasione di parlare al convegno internazionale dedicato a Papa Giovanni XXIII, svoltosi presso l'Accademia Bulgara delle Scienze a Sofia.
Ecco il testo dell'intervento.

Buonasera a tutti.
            Questo mio breve intervento vuole essere un invito alla lettura della recente pubblicazione, in Italia, del volume “Angelo Giuseppe Roncalli. Il lupo, l’orso, l’agnello. Epistolario bulgaro con don Karl Raev e mons. Damian Theelen”, libro da me curato in collaborazione con la Fondazione Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
            Tre anni fa, appena arrivato a Belene, ho avuto la grande sorpresa di trovare nell’archivio parrocchiale una sessantina di lettere originali autografe di mons. Roncalli a questo sacerdote diocesano bulgaro, don Karl Raev.
            Tale scoperta mi ha molto rallegrato, entusiasmato ed incuriosito. Ho iniziato così, nel tempo libero, una ricerca di altri documenti e uno studio di quel periodo per ricostruire da una parte il doloroso conflitto che per decenni ha lacerato la comunità cattolica di Belene e attraversato tutta la comunità diocesana del nord della Bulgaria, e dall’altro la silenziosa ed efficace opera di pacificazione e riconciliazione operata dal Visitatore apostolico.

            La comunità cattolica di Belene, come è ricostruito bene negli studi dei professori bulgari S. Eldarov e R. Vataski, dopo la liberazione della Bulgaria nel 1877, fu il centro di un movimento di ribellione contro i propri vescovi e contro i missionari passionisti stranieri[1].
            Il primo grande conflitto si svolse alla fine del 1800, e fu guidato dal sacerdote don Stanislas Petrov; terminò con la morte del vescovo Ippolito Agosto a Belene, la scomunica dei ribelli e la creazione di una seconda parrocchia, dedicata a S. Antonio, scelta che sanciva la divisione dei cattolici di Belene e calmava le acque.
            Ma in contemporanea con lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1915, scoppiò nuovamente a Belene un nuovo conflitto, interno alla comunità cattolica.
            Il sacerdote don Karl Raev, discepolo ed amico di don Stanislas Petrov, nativo di Belene e qui parroco dal 1906, in nome dei “bulgari-cattolici della zona di Svishtov” inizia una campagna violenta contro il nuovo vescovo passionista, l’olandese Damian Theelen.

            Don Raev fonda a Belene un partito, chiamato “La Lotta”, a cui aderiscono circa 300 persone; bombarda di lettere il Ministero dell’Interno e delle Religioni; coinvolge varie ambasciate straniere; pubblica articoli e interventi contro i Missionari passionisti stranieri; fa scacciare da Belene i legittimi parroci; contribuisce all’arresto e alla detenzione di alcuni sacerdoti stranieri; insulta e offende molto apertamente il vescovo e molti suoi collaboratori. Questa situazione viene seguita con preoccupazione anche dalla Santa Sede, costantemente informata.
            Nel 1920 don Karl viene scacciato da Belene con una insurrezione popolare, e successivamente viene sospeso dal sacerdozio durante ripetuti processi del Tribunale Ecclesiastico diocesano. Si ritira allora a Svishtov, dove vive in povertà insegnando francese nel locale liceo, continuando a lottare per la sua causa.
           
Nel frattempo a Roma matura la decisione di inviare in Bulgaria il Visitatore Apostolico mons. Angelo Roncalli. Le istruzioni che riceve dalla Santa Sede sono molto precise e chiare: visitare tutte le comunità cattoliche della Bulgaria (sia di rito latino che orientale), riorganizzare la comunità cattolica di rito orientale, allacciare rapporti con le istituzioni civili, creare un seminario per la formazione di sacerdoti locali e risolvere i conflitti nella Diocesi di Nicopoli, con un eventuale rimozione del vescovo passionista mons. Theelen, malvisto dal governo bulgaro.
            Il visitatore mons. Roncalli arriva a Belene e Svishtov all’inizio di agosto del 1925. E in pochissimi giorni, attraverso decisi e allo stesso tempo misericordiosi interventi, riesce ad ottenere lo scioglimento del partito “La Lotta” e la ritrattazione, da parte di don Karl, di tutti i punti all’origine del conflitto[2]. Nella corrispondenza pubblicata possiamo seguire, attraverso i dettagliati resoconti dello stesso Roncalli, il quotidiano evolversi degli eventi, e soprattutto la paziente tela di parole, gesti ed incontri tessuta dal Visitatore per rappacificare la comunità diocesana di Nicopoli.
            Mons. Roncalli descrive così quei giorni trascorsi sulla sponda del Danubio:
            “Mi trovo qui al colmo delle mie fatiche apostoliche, in un villaggio dove le lotte religiose furono accanitissime e, come vede, non dimentico il suo onomastico. Oh! quanto mi sarebbe utile un po’ più dello spirito del grande Patriarca S. Domenico per raccogliere frutti di bene in situazioni, dove cattivi esempi antichi e recenti, ed avversioni fra preti e frati hanno continuamente lavorato in destructionem!”[3].
           
Solenne celebrazione, in memoria di Sant'Angelo Roncalli
nella Cattedrale "S. Giuseppe" di Sofia
“[Da Russe] passai a Belene, la parrocchia di don Raef dove il fuoco della ribellione e l'agitazione accesa già da lui ardeva sempre e si attendeva l'occasione per nuove vampate. Era evidente che bisognava separare la questione personale di Raef dalla questione di principio che teneva in agitazione quella povera gente, facendo comprendere che se nel movimento che faceva capo a lui c'era qualche cosa di ragionevole e giusto – formazione del clero del paese, maggior valutazione ed elevazione delle energie locali, maggior adesione alle forme di apostolato dei PP. Passionisti alla vita reale della nazione – la presenza del Visitatore Apostolico era una garanzia di interessamento da parte della Santa Sede. Alla condizione però che i fedeli stessero al loro posto e cessassero da ogni atteggiamento di resistenza o di insubordinazione alla Autorità Ecclesiastica. Il risultato di quella visita fu eccellente: mostrarono di comprendere, promisero e infatti da allora in poi stettero in pace. Potei allora trattare direttamente con Raef col quale ebbi un incontro a Svishtov il 5 agosto. La carità del Signore fece tutto. Non mi occorse lottare: si mise senz'altro a discrezione: fece le promesse le più esaurienti per iscritto, di cui Mons. Theelen si dichiarò contento: si recò personalmente a Roustchouk a confermare i suoi sentimenti di pentimento e di proposito di una nuova vita. D'accordo con Mons. Theelen disposi perché l'infelice prete potesse fare un viaggio di penitenza a Roma in occasione dell'anno santo[4].
            Da quel giorno in poi mons. Roncalli accompagna con molto impegno questo prete di Belene, dedicando tempo, energie e risorse alla sua completa riabilitazione e riconciliazione col proprio vescovo: gli organizza il soggiorno di tre mesi a Roma, gli acquista l’abito sacerdotale, lo finanzia, ma soprattutto intesse una fitta corrispondenza con mons. Theelen e con altri sacerdoti e persone per ricucire i rapporti logorati da anni di liti, di insulti, di sfiducia generale.
            Non abbiamo il tempo necessario a ripercorrere tutto il successivo evolversi del rapporto di mons. Roncalli con don Raev e mons. Theelen, rapporto continuato anche durante il successivo decennio turco di Roncalli.

            Sottolineo solo tre dei numerosi temi che emergono da questo epistolario inedito:

Solenne celebrazione in onore di S. Angelo G. Roncalli
nella Chiesa delle Suore Eucaristine a Sofia
La diplomazia della misericordia
            Non si può comprendere appieno l’azione diplomatica compiuta da mons. Roncalli dentro la Diocesi di Nicopoli, senza tener conto della sua dimensione spirituale, tutta incentrata sul Vangelo della misericordia. E’ proprio qui, secondo noi, che emerge in modo molto evidente la peculiarità del suo lavoro ecclesiale. Le recenti parole di papa Francesco, rivolte ai giornalisti durante il ritorno dalla GMG di Rio de Janeiro, sintetizzano molto bene quello che già novant’anni fa il Visitatore in Bulgaria aveva maturato:
            “Io credo che questo sia il tempo della misericordia. Questo cambio di epoca, anche tanti problemi della Chiesa – come una testimonianza non buona di alcuni preti, anche problemi di corruzione nella Chiesa, anche il problema del clericalismo, per fare un esempio – hanno lasciato tanti feriti. E la Chiesa è Madre: deve andare a curare i feriti, con misericordia. Ma se il Signore non si stanca di perdonare, noi non abbiamo altra scelta che questa: prima di tutto, curare i feriti. È mamma, la Chiesa, e deve andare su questa strada della misericordia. E trovare una misericordia per tutti. Ma io penso, quando il figliol prodigo è tornato a casa, il papà non gli ha detto: “Ma tu, senti, accomodati: che cosa hai fatto con i soldi?”. No! Ha fatto festa! Poi, forse, quando il figlio ha voluto parlare, ha parlato. La Chiesa deve fare così. Quando c’è qualcuno… non solo aspettarli: andare a trovarli! Questa è la misericordia. E io credo che questo sia un kairós: questo tempo è un kairós di misericordia[5].
            Scorrendo infatti questa corrispondenza bulgara di mons. Roncalli emergono continuamente i riferimenti alle ferite provocate dalla ribellione di don Carlo[6], al non stancarsi di perdonare e accompagnare nella conversione[7], alla Chiesa come madre misericordiosa che cerca e cura[8], alla parabola del padre misericordioso, al fare festa per la conversione, al non solo aspettare ma all’andare a cercare.
            Questo della misericordia non è solo uno slancio momentaneo del Visitatore apostolico, dettato da una semplice compassione verso un coscritto caduto in disgrazia o da un malinteso buonismo. Al contrario, è una precisa scelta d’azione, che affonda le radici in una profonda vita spirituale e diventa criterio d’azione. Tale stile si nota molto bene dal confronto col diverso stile del vescovo passionista: “Debbo anche dire, Eminenza, avermi fatto qualche impressione il tono secco di tutte le lettere e risposte di Mons. Theelen – che per altro riconosco come persona assai distinta e vescovo esemplare – nei rapporti con questo suo figliuolo, ribelle, cattivo, ma sempre figliuolo. Mai una parola di paternità, uno di quegli inviti che toccano il cuore: ma sempre il puro necessario in stile curiale e freddo come di chi applica una legge e non si preoccupa di vederla applicata a salute[9].
E ancora: “Ella a sua volta, rispondendogli, faccia soprabbondare la clemenza e la misericordia del padre alla giustizia del giudice, con parole di incoraggiamento e di esortazione[10].
            Oltre a ciò, dai numerosi riferimenti alla Parola di Dio, alle parabole del Buon Pastore e del Padre misericordioso, all’Imitazione di Cristo e ad altri scritti di santi, si percepisce immediatamente uno stile di approccio alle persone e alle situazioni complesse mediato da una previa preghiera e meditazione. Il Visitatore Roncalli, prima di parlare e agire, si mette in ascolto non solo delle indicazioni dei Superiori, ma anche della voce e del cuore del Signore.

La passione del costruttore di pace
            Scorrendo questo epistolario emerge poi chiaramente che mons. Roncalli non è un semplice funzionario del Vaticano, che si dedica allo svolgimento di alcune pratiche. Al contrario, è un padre che si appassiona, che gioisce e soffre, che a volte resta deluso, che dedica tempo, energie e risorse pur di ottenere pace e riconciliazione.
            Spesso mons. Roncalli condivide le sue fatiche e sofferenza confidandosi con il confratello mons. Theelen e anche con lo stesso don Karl: “Chiudendo anche questa lettera, non posso che ripetere all’anima di V. E. quello che ripeto continuamente alla povera anima mia: coraggio, pazienza, e letizia. Il Rosario della vita, in questa Bulgaria che per le sollecitudini che mi impone finisce coll’essermi cara, ci trattiene sempre sui misteri dolorosi. Continuiamo a recitare e a meditare bene questi, nell’attesa che il Signore ci dia la grazia di passare ai gaudiosi ed ai gloriosi[11].
            In un’altra lettera riassume così il suo primo anno in Bulgaria: “La ringrazio dei suoi auguri per l’anniversario della mia consacrazione episcopale. Il primo anno fu piuttosto magro di conforti. Ma tanto e tanto esser Vescovo significa soffrire per le anime, e soffrire per le anime significa rassomigliare al nostro Signore Crocifisso. Perciò pazienza e pace[12].
            Molto doloroso, e attraverso da una profonda delusione, fu per Roncalli il periodo dal 1930 in poi; in quest’anno infatti l’ormai riabilitato don Karl Raev incappa di nuovo nelle censure del Santo Uffizio, denunciato da alcune donne di Shumen per alcune sue debolezze morali, e viene trasferito nella piccolissima parrocchia di Veliko Ternovo, dove resterà per oltre venti anni. Il Visitatore allora lo segue di nuovo da vicino e lo accompagna nel nuovo cammino di penitenza e riabilitazione, con una delicatezza e una tenerezza straordinarie: “Oh! se ella sapesse, mio caro don Carlo, di quanto dolore mi fu motivo questo ufficio che la Sacra Congregazione mi ha imposto di comunicarle le sue decisioni! Sono giornate e giornate che l’ho ricevuto e che io ho passate nella preghiera per lei. Non avevo il coraggio ed ho dovuto fare violenza a me stesso per compierlo. Ora che con questa lettera l’ho compiuto io torno a mettermi in ginocchio chiedendo insieme con lei a Gesù Benedetto quello spirito di compunzione e di abbandono che sarà la sua salute e la sua forza[13].

La fatica dell’obbedienza e della pazienza
L'attuale Nunzio Apostolico in Bulgaria,
mons. Janusz Bolonek
            Un ultimo aspetto, che mi par bello sottolineare, è il continuo affiorare da questo epistolario inedito dell’obbedienza e della pazienza di mons. Roncalli.
            L’obbedienza, scelta da lui come motto ufficiale (Obbedienza e Pace), diventa nel caso Raef una esperienza concreta nell’applicare le indicazioni dei Superiori vaticani, soprattutto quando queste Istruzioni contrastano col suo stile o con le proprie idee, e quando percepisce che in loro non c’è la sua stessa ansia ed attenzione per le persone: “Le dirò in confidenza come anch’io qualche volta nel mio ministero soffro di questa lentezza della S. Sede a prendere le sue decisioni, ma la vinco sempre con l’abbandonarmi, in tutto ciò che riguarda me e le cose mie, alla volontà del Signore al di sopra di tutti i miei modi personali di vedere, e ricordando ciò che insegna la esperienza, cioè, che è appunto coll’andar piano che la Chiesa Cattolica va così sicura e lontana, e raccoglie le sue belle vittorie[14]
            Che vuole, Monsignore? Quando mi accade di dare un ordine e di imporre un’obbedienza io mi metto sempre nei panni di chi deve obbedire; e tremo, tremo, nella preoccupazione di non usare espressioni o tono o forme che possano avvilire o indispettire o comunque indisporre[15].
            Allo stesso tempo, l’esercizio dell’obbedienza al Vangelo e alla Chiesa diventa sorgente di una continua pazienza, da non confondere con la rassegnazione, ma da accostare sempre alla tenacia di Gesù Cristo nel vivere la sua Passione: “Nè c’è altra via per giovare a queste povere anime che la pazienza, il rispondere ben per male ed il far soprabbondare la carità con larghezze e con parole amabili anche se poco le meritano, anzi se non le meritano affatto[16].
Siamo entrati nel tempo della Passione. Mi raccomando, Monsignore, alle sue sante preghiere. In questo prolungarsi del mio soggiorno in Bulgaria sento sempre più il bisogno della pazienza per sostenere anch’io la mia croce che forse non è così pesante come quella del Vescovo Ordinario, ma per le mie spalle deboli è pur qualche cosa[17].

            Dall’obbedienza ai propri Superiori e dal farsi paziente come il Signore Gesù, mons. Roncalli attinge la forza per continuare nel proprio lavoro, spesso incompreso ed infruttuoso:
Oh! Continuiamo in pace il nostro lavoro di amabile e quotidiana corrispondenza a ciò che la bontà del Signore dispone per noi, guardandoci sempre dalle tentazioni di impazienza che talora ci possono sorprendere, e cercando in N. S. Benedetto e nella preghiera il nostro conforto[18].
O come ripetutamente scrive, in modo simpatico e proverbiale: “Bisogna continuare per la propria strada: Laetari et benefacere e… lasciar cantare le passere”.

Il Rettore della Pont. Università Lateranense,
mons. Enrico dal Covolo
Conclusione

            Per concludere, vi leggo un passaggio di una lettera di Roncalli, che riassume tutto quello che ci siam detti, cioè un’azione di pacificazione portata avanti con la diplomazia spirituale della misericordia, che genera riconciliazione, pace e serenità.
“L’indomani a Svishtov venne a trovarmi Raeff in persona. Egli ha la mia età. Lo trattai come un fratello. Il mistero di grazia di cui io sono stato testimonio e parte in quel colloquio sarà uno dei ricordi più grati della mia vita (…). Quando ci alzammo lo condussi in cappella. Lo feci inginocchiare accanto a me davanti all’altare. Pregammo insieme ad alta voce. Mi lasciò sereno e contento. Dopo mezzogiorno venne di nuovo a portarmi la dichiarazione che intanto egli aveva stesa sulle note già preparate insieme al mattino e che accludo nel suo testo originale. Mi presentò alcuni suoi familiari e partì soddisfatto e sereno[19].

            Spero che la lettura di questo epistolario inedito di mons. Roncalli vi arricchisca non solo di nuovi dati biografici e storici, ma soprattutto vi faccia gustare la tenacia e la misericordia con le quali il futuro San Giovanni XXIII si dedicò per anni a ristabilire la fraternità e la pace dentro una comunità cristiana lacerata dalle rivalità e dalle incomprensioni.
            Grazie per il vostro attento ascolto.




[1] Eldarov S., Katolitsite v Bulgaria (1878-1989). Istoricesko izledvane, Sofia 2002. Vataski R., Bulgarskata pravoslavna tserkva i rimokatoliceskite misii v Severna Bulgaria i Pirinska Makedonia (prez 20-te i 30-te godini na XX vek), Istoricesko izledvane, Shumen 2004.
[2] Cfr. Lettera del 22/08/1925 al card. Van Rossum: “La si finisca una buona volta a Beleni con questi movimenti sediziosi in cose religiose che hanno screditato in faccia a tutto il mondo una parrocchia che ha pur tradizioni onorate e buone”.
[3] Cfr. Lettera del 04/08/1925 a mons. Spolverini.
[4] Cfr. Lettera del 12/03/1930 al card. Sbarretti-Tazza.
[5] CONFERENZA STAMPADEL SANTO PADRE FRANCESCO, Volo Papale Domenica, 28 luglio 2013
[6] Cfr. Lettera del 09/11/1925 a mons. Theelen: “So che con altri si espresse in confidenza dicendo che egli era ben obbligato a far penitenza dopo di aver offeso così gravemente la S. Madre Chiesa che ora gli appariva meglio nella sua grande dignità, bellezza e bontà”; lettera del 22/08/1925 al card. Van Rossum: “Poiché non conviene dimenticare che la ribellione di questo prete motivato da ragioni di patriottismo – malinteso e falso – e di sciovinismo locale ha interessato tutto questo paese. Si sa come il Governo lo sostenesse. Il Re stesso ne parlò a me apertamente, naturalmente deplorando la condotta dell’infelice sacerdote, ma facendomi notare la complessità della situazione che la ribellione di Beleni aveva creata in rapporto a tutti i cattolici della Bulgaria”;  lettera del 10/01/1926 a p. Manuscev: “Cooperiamo tutti, e di cuore, colla preghiera e colla carità perché, nel silenzio e nel perdono si chiuda questo troppo lungo periodo di dolori per la diocesi di Roustchouk”; lettera del 13/10/1931 a don Raev: “Mi lasci il conforto di sperare che se qualche debolezza ci fosse stata per umana fragilità ella è ben decisa a riprendersi e a non riaprire una serie di dolori che sarebbero anche per me un estrema amarezza e per lei motivo di afflizioni senza fine”.
[7] Cfr. lettera del 20/09/1925 a mons. Theelen: “Ciò mi incoraggia a continuare nell’opera di assistenza. Anche se sarà accompagnata ancora da qualche noia, pazienza: purché tutto riesca a buon fine. Quando la grazia del Signore riuscisse a penetrare dentro quell’anima e ad infonderle lo spirito di espiazione, chi sa che da tanto male passato non sia per provenire un po’ di vero bene. Almeno è già un conforto lo sperarlo”.
[8] Cfr. lettera del 22/08/1925 al card. Van Rossum: “La Chiesa, che è buona madre anche coi figli traviati… chè è madre benigna”; 15/05/1926 a p. Krings: “come ha fatto sin qui si lasci portare dalla santa volontà del Signore e della Santa Chiesa, che è buona madre”; 21/05/1926 a don Raev: “E si fidi sempre più come buon figliolo della Santa Chiesa Romana che ancora l’ha accolto come buona madre nel suo seno generoso e ardente”; 26/04/1929 a mons. Theelen: “La Chiesa Cattolica, madre benigna anche dei figli difettosi”.
[9] Lettera del 22/08/1925 al card. Van Rossum.
[10] Lettera del 26/01/1931 a mons. Theelen.
[11] Cfr. Lettera del 17/01/1926 a mons. Theelen.
[12] Cfr. Lettera del 26/03/1926.
[13] Cfr. Lettera del 13/01/1931 a don Raev.
[14] Cfr. lettera del 25/03/1926 a don Raev.
[15] Cfr. Lettera del 11/09/1925 a mons. Theelen.
[16] Cfr. Lettera del 13/01/1928 a mons. Theelen.
[17] Cfr. Lettera del 20/03/1926 a mons. Theelen.
[18] Cfr. Lettera del 26/06/1926 a don Raev.
[19] Lettera di mons. A. G. Roncalli al card. G. van Rossum del 22/08/1925.

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