Lo scorso venerdì 11 ottobre ho avuto l'occasione di parlare al convegno internazionale dedicato a Papa Giovanni XXIII, svoltosi presso l'Accademia Bulgara delle Scienze a Sofia.
Ecco il testo dell'intervento.
Buonasera a tutti.
Questo
mio breve intervento vuole essere un invito alla lettura della recente
pubblicazione, in Italia, del volume “Angelo Giuseppe Roncalli. Il lupo,
l’orso, l’agnello. Epistolario bulgaro con don Karl Raev e mons. Damian
Theelen”, libro da me curato in collaborazione con la Fondazione Papa Giovanni
XXIII di Bergamo.
Tre
anni fa, appena arrivato a Belene, ho avuto la grande sorpresa di trovare
nell’archivio parrocchiale una sessantina di lettere originali autografe di
mons. Roncalli a questo sacerdote diocesano bulgaro, don Karl Raev.
Tale
scoperta mi ha molto rallegrato, entusiasmato ed incuriosito. Ho iniziato così,
nel tempo libero, una ricerca di altri documenti e uno studio di quel periodo
per ricostruire da una parte il doloroso conflitto che per decenni ha lacerato
la comunità cattolica di Belene e attraversato tutta la comunità diocesana del
nord della Bulgaria, e dall’altro la silenziosa ed efficace opera di
pacificazione e riconciliazione operata dal Visitatore apostolico.
La
comunità cattolica di Belene, come è ricostruito bene negli studi dei
professori bulgari S. Eldarov e R. Vataski, dopo la liberazione della Bulgaria
nel 1877, fu il centro di un movimento di ribellione contro i propri vescovi e
contro i missionari passionisti stranieri[1].
Il
primo grande conflitto si svolse alla fine del 1800, e fu guidato dal sacerdote
don Stanislas Petrov; terminò con la morte del vescovo Ippolito Agosto a
Belene, la scomunica dei ribelli e la creazione di una seconda parrocchia,
dedicata a S. Antonio, scelta che sanciva la divisione dei cattolici di Belene
e calmava le acque.
Ma
in contemporanea con lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1915, scoppiò
nuovamente a Belene un nuovo conflitto, interno alla comunità cattolica.
Il
sacerdote don Karl Raev, discepolo ed amico di don Stanislas Petrov, nativo di
Belene e qui parroco dal 1906, in nome dei “bulgari-cattolici della zona di
Svishtov” inizia una campagna violenta contro il nuovo vescovo passionista,
l’olandese Damian Theelen.
Don
Raev fonda a Belene un partito, chiamato “La Lotta”, a cui aderiscono circa 300
persone; bombarda di lettere il Ministero dell’Interno e delle Religioni;
coinvolge varie ambasciate straniere; pubblica articoli e interventi contro i
Missionari passionisti stranieri; fa scacciare da Belene i legittimi parroci;
contribuisce all’arresto e alla detenzione di alcuni sacerdoti stranieri;
insulta e offende molto apertamente il vescovo e molti suoi collaboratori. Questa
situazione viene seguita con preoccupazione anche dalla Santa Sede,
costantemente informata.
Nel
1920 don Karl viene scacciato da Belene con una insurrezione popolare, e
successivamente viene sospeso dal sacerdozio durante ripetuti processi del
Tribunale Ecclesiastico diocesano. Si ritira allora a Svishtov, dove vive in
povertà insegnando francese nel locale liceo, continuando a lottare per la sua
causa.
Il
visitatore mons. Roncalli arriva a Belene e Svishtov all’inizio di agosto del
1925. E in pochissimi giorni, attraverso decisi e allo stesso tempo
misericordiosi interventi, riesce ad ottenere lo scioglimento del partito “La
Lotta” e la ritrattazione, da parte di don Karl, di tutti i punti all’origine
del conflitto[2]. Nella
corrispondenza pubblicata possiamo seguire, attraverso i dettagliati resoconti
dello stesso Roncalli, il quotidiano evolversi degli eventi, e soprattutto la
paziente tela di parole, gesti ed incontri tessuta dal Visitatore per
rappacificare la comunità diocesana di Nicopoli.
Mons.
Roncalli descrive così quei giorni trascorsi sulla sponda del Danubio:
“Mi trovo qui
al colmo delle mie fatiche apostoliche, in un villaggio dove le lotte religiose
furono accanitissime e, come vede, non dimentico il suo onomastico. Oh! quanto
mi sarebbe utile un po’ più dello spirito del grande Patriarca S. Domenico per
raccogliere frutti di bene in situazioni, dove cattivi esempi antichi e
recenti, ed avversioni fra preti e frati hanno continuamente lavorato in
destructionem!”[3].
Solenne celebrazione, in memoria di Sant'Angelo Roncalli nella Cattedrale "S. Giuseppe" di Sofia |
Da
quel giorno in poi mons. Roncalli accompagna con molto impegno questo prete di
Belene, dedicando tempo, energie e risorse alla sua completa riabilitazione e
riconciliazione col proprio vescovo: gli organizza il soggiorno di tre mesi a
Roma, gli acquista l’abito sacerdotale, lo finanzia, ma soprattutto intesse una
fitta corrispondenza con mons. Theelen e con altri sacerdoti e persone per
ricucire i rapporti logorati da anni di liti, di insulti, di sfiducia generale.
Non
abbiamo il tempo necessario a ripercorrere tutto il successivo evolversi del
rapporto di mons. Roncalli con don Raev e mons. Theelen, rapporto continuato
anche durante il successivo decennio turco di Roncalli.
Sottolineo
solo tre dei numerosi temi che emergono da questo epistolario inedito:
Solenne celebrazione in onore di S. Angelo G. Roncalli nella Chiesa delle Suore Eucaristine a Sofia |
La diplomazia della misericordia
Non si può comprendere appieno
l’azione diplomatica compiuta da mons. Roncalli dentro la Diocesi di Nicopoli,
senza tener conto della sua dimensione spirituale, tutta incentrata sul Vangelo
della misericordia. E’ proprio qui, secondo noi, che emerge in modo molto
evidente la peculiarità del suo lavoro ecclesiale. Le recenti parole di papa
Francesco, rivolte ai giornalisti durante il ritorno dalla GMG di Rio de
Janeiro, sintetizzano molto bene quello che già novant’anni fa il Visitatore in
Bulgaria aveva maturato:
“Io
credo che questo sia il tempo della misericordia. Questo cambio di epoca, anche
tanti problemi della Chiesa – come una testimonianza non buona di alcuni preti,
anche problemi di corruzione nella Chiesa, anche il problema del clericalismo,
per fare un esempio – hanno lasciato tanti feriti. E la Chiesa è Madre: deve
andare a curare i feriti, con misericordia. Ma se il Signore non si stanca di
perdonare, noi non abbiamo altra scelta che questa: prima di tutto, curare i
feriti. È mamma, la Chiesa, e deve andare su questa strada della misericordia.
E trovare una misericordia per tutti. Ma io penso, quando il figliol prodigo è
tornato a casa, il papà non gli ha detto: “Ma tu, senti, accomodati: che cosa
hai fatto con i soldi?”. No! Ha fatto festa! Poi, forse, quando il figlio ha
voluto parlare, ha parlato. La Chiesa deve fare così. Quando c’è qualcuno… non
solo aspettarli: andare a trovarli! Questa è la misericordia. E io credo che questo sia un
kairós: questo tempo è un kairós di misericordia”[5].
Scorrendo infatti questa
corrispondenza bulgara di mons. Roncalli emergono continuamente i riferimenti
alle ferite provocate dalla ribellione di don Carlo[6], al non stancarsi di
perdonare e accompagnare nella conversione[7], alla Chiesa come madre
misericordiosa che cerca e cura[8], alla parabola del padre
misericordioso, al fare festa per la conversione, al non solo aspettare ma all’andare
a cercare.
Questo della misericordia non è solo
uno slancio momentaneo del Visitatore apostolico, dettato da una semplice
compassione verso un coscritto caduto in disgrazia o da un malinteso buonismo.
Al contrario, è una precisa scelta d’azione, che affonda le radici in una
profonda vita spirituale e diventa criterio d’azione. Tale stile si nota molto
bene dal confronto col diverso stile del vescovo passionista: “Debbo anche
dire, Eminenza, avermi fatto qualche impressione il tono secco di tutte le
lettere e risposte di Mons. Theelen – che per altro riconosco come persona
assai distinta e vescovo esemplare – nei rapporti con questo suo figliuolo,
ribelle, cattivo, ma sempre figliuolo. Mai una parola di paternità, uno di
quegli inviti che toccano il cuore: ma sempre il puro necessario in stile
curiale e freddo come di chi applica una legge e non si preoccupa di vederla
applicata a salute”[9].
E ancora: “Ella
a sua volta, rispondendogli, faccia soprabbondare la clemenza e la misericordia
del padre alla giustizia del giudice, con parole di incoraggiamento e di
esortazione”[10].
Oltre
a ciò, dai numerosi riferimenti alla Parola di Dio, alle parabole del Buon
Pastore e del Padre misericordioso, all’Imitazione di Cristo e ad altri scritti
di santi, si percepisce immediatamente uno stile di approccio alle persone e
alle situazioni complesse mediato da una previa preghiera e meditazione. Il
Visitatore Roncalli, prima di parlare e agire, si mette in ascolto non solo
delle indicazioni dei Superiori, ma anche della voce e del cuore del Signore.
La passione del costruttore di pace
Scorrendo
questo epistolario emerge poi chiaramente che mons. Roncalli non è un semplice
funzionario del Vaticano, che si dedica allo svolgimento di alcune pratiche. Al
contrario, è un padre che si appassiona, che gioisce e soffre, che a volte
resta deluso, che dedica tempo, energie e risorse pur di ottenere pace e
riconciliazione.
Spesso
mons. Roncalli condivide le sue fatiche e sofferenza confidandosi con il
confratello mons. Theelen e anche con lo stesso don Karl: “Chiudendo anche questa lettera, non posso che ripetere all’anima
di V. E. quello che ripeto continuamente alla povera anima mia: coraggio,
pazienza, e letizia. Il Rosario della vita, in questa Bulgaria che per le
sollecitudini che mi impone finisce coll’essermi cara, ci trattiene sempre sui
misteri dolorosi. Continuiamo a recitare e a meditare bene questi, nell’attesa
che il Signore ci dia la grazia di passare ai gaudiosi ed ai gloriosi”[11].
In
un’altra lettera riassume così il suo primo anno in Bulgaria: “La ringrazio dei suoi auguri per
l’anniversario della mia consacrazione episcopale. Il primo anno fu piuttosto
magro di conforti. Ma tanto e tanto esser Vescovo significa soffrire per le
anime, e soffrire per le anime significa rassomigliare al nostro Signore
Crocifisso. Perciò pazienza e pace”[12].
Molto
doloroso, e attraverso da una profonda delusione, fu per Roncalli il periodo
dal 1930 in poi; in quest’anno infatti l’ormai riabilitato don Karl Raev
incappa di nuovo nelle censure del Santo Uffizio, denunciato da alcune donne di
Shumen per alcune sue debolezze morali, e viene trasferito nella piccolissima
parrocchia di Veliko Ternovo, dove resterà per oltre venti anni. Il Visitatore
allora lo segue di nuovo da vicino e lo accompagna nel nuovo cammino di
penitenza e riabilitazione, con una delicatezza e una tenerezza straordinarie: “Oh! se ella
sapesse, mio caro don Carlo, di quanto dolore mi fu motivo questo ufficio che
la Sacra Congregazione mi ha imposto di comunicarle le sue decisioni! Sono
giornate e giornate che l’ho ricevuto e che io ho passate nella preghiera per
lei. Non avevo il coraggio ed ho dovuto fare violenza a me stesso per
compierlo. Ora che con questa lettera l’ho compiuto io torno a mettermi in
ginocchio chiedendo insieme con lei a Gesù Benedetto quello spirito di
compunzione e di abbandono che sarà la sua salute e la sua forza”[13].
La fatica dell’obbedienza e della pazienza
L'attuale Nunzio Apostolico in Bulgaria, mons. Janusz Bolonek |
Un
ultimo aspetto, che mi par bello sottolineare, è il continuo affiorare da
questo epistolario inedito dell’obbedienza e della pazienza di mons. Roncalli.
L’obbedienza,
scelta da lui come motto ufficiale (Obbedienza e Pace), diventa nel caso Raef
una esperienza concreta nell’applicare le indicazioni dei Superiori vaticani,
soprattutto quando queste Istruzioni contrastano col suo stile o con le proprie
idee, e quando percepisce che in loro non c’è la sua stessa ansia ed attenzione
per le persone: “Le dirò in confidenza come anch’io
qualche volta nel mio ministero soffro di questa lentezza della S. Sede a
prendere le sue decisioni, ma la vinco sempre con l’abbandonarmi, in tutto ciò
che riguarda me e le cose mie, alla volontà del Signore al di sopra di tutti i
miei modi personali di vedere, e ricordando ciò che insegna la esperienza,
cioè, che è appunto coll’andar piano che la Chiesa Cattolica va così sicura e
lontana, e raccoglie le sue belle vittorie”[14]
“Che
vuole, Monsignore? Quando mi accade di dare un ordine e di imporre
un’obbedienza io mi metto sempre nei panni di chi deve obbedire; e tremo,
tremo, nella preoccupazione di non usare espressioni o tono o forme che possano
avvilire o indispettire o comunque indisporre”[15].
Allo
stesso tempo, l’esercizio dell’obbedienza al Vangelo e alla Chiesa diventa
sorgente di una continua pazienza, da non confondere con la rassegnazione, ma
da accostare sempre alla tenacia di Gesù Cristo nel vivere la sua Passione: “Nè c’è altra via per giovare a queste povere
anime che la pazienza, il rispondere ben per male ed il far soprabbondare la
carità con larghezze e con parole amabili anche se poco le meritano, anzi se
non le meritano affatto”[16].
“Siamo
entrati nel tempo della Passione. Mi raccomando, Monsignore, alle sue sante
preghiere. In questo prolungarsi del mio soggiorno in Bulgaria sento sempre più
il bisogno della pazienza per sostenere anch’io la mia croce che forse non è
così pesante come quella del Vescovo Ordinario, ma per le mie spalle deboli è
pur qualche cosa”[17].
Dall’obbedienza
ai propri Superiori e dal farsi paziente come il Signore Gesù, mons. Roncalli
attinge la forza per continuare nel proprio lavoro, spesso incompreso ed
infruttuoso:
“Oh!
Continuiamo in pace il nostro lavoro di amabile e quotidiana corrispondenza a
ciò che la bontà del Signore dispone per noi, guardandoci sempre dalle
tentazioni di impazienza che talora ci possono sorprendere, e cercando in N. S.
Benedetto e nella preghiera il nostro conforto”[18].
O come ripetutamente scrive, in modo simpatico
e proverbiale: “Bisogna continuare per la
propria strada: Laetari et benefacere e… lasciar cantare le passere”.
Il Rettore della Pont. Università Lateranense, mons. Enrico dal Covolo |
Conclusione
Per
concludere, vi leggo un passaggio di una lettera di Roncalli, che riassume tutto
quello che ci siam detti, cioè un’azione di pacificazione portata avanti con la
diplomazia spirituale della misericordia, che genera riconciliazione, pace e
serenità.
“L’indomani
a Svishtov venne a trovarmi Raeff in persona. Egli ha la mia età. Lo trattai
come un fratello. Il mistero di grazia di cui io sono stato testimonio e parte
in quel colloquio sarà uno dei ricordi più grati della mia vita (…). Quando ci
alzammo lo condussi in cappella. Lo feci inginocchiare accanto a me davanti
all’altare. Pregammo insieme ad alta voce. Mi lasciò sereno e contento. Dopo
mezzogiorno venne di nuovo a portarmi la dichiarazione che intanto egli aveva
stesa sulle note già preparate insieme al mattino e che accludo nel suo testo
originale. Mi presentò alcuni suoi familiari e partì soddisfatto e sereno”[19].
Spero
che la lettura di questo epistolario inedito di mons. Roncalli vi arricchisca
non solo di nuovi dati biografici e storici, ma soprattutto vi faccia gustare
la tenacia e la misericordia con le quali il futuro San Giovanni XXIII si dedicò
per anni a ristabilire la fraternità e la pace dentro una comunità cristiana
lacerata dalle rivalità e dalle incomprensioni.
Grazie
per il vostro attento ascolto.
[1] Eldarov S., Katolitsite v Bulgaria (1878-1989). Istoricesko izledvane, Sofia 2002. Vataski R., Bulgarskata pravoslavna tserkva i rimokatoliceskite misii v Severna Bulgaria i Pirinska Makedonia (prez 20-te i 30-te godini na XX vek), Istoricesko izledvane, Shumen 2004.
[2] Cfr. Lettera del 22/08/1925 al card.
Van Rossum: “La si finisca una buona volta a
Beleni con questi movimenti sediziosi in cose religiose che hanno screditato in
faccia a tutto il mondo una parrocchia che ha pur tradizioni onorate e buone”.
[3] Cfr. Lettera del 04/08/1925 a mons.
Spolverini.
[4]
Cfr. Lettera del 12/03/1930 al card. Sbarretti-Tazza.
[6]
Cfr. Lettera del 09/11/1925 a mons. Theelen: “So
che con altri si espresse in confidenza dicendo che egli era ben obbligato a
far penitenza dopo di aver offeso così gravemente la S. Madre Chiesa che ora
gli appariva meglio nella sua grande dignità, bellezza e bontà”; lettera
del 22/08/1925 al card. Van Rossum: “Poiché non conviene dimenticare che la
ribellione di questo prete motivato da ragioni di patriottismo – malinteso e
falso – e di sciovinismo locale ha interessato tutto questo paese. Si sa come
il Governo lo sostenesse. Il Re stesso ne parlò a me apertamente, naturalmente
deplorando la condotta dell’infelice sacerdote, ma facendomi notare la
complessità della situazione che la ribellione di Beleni aveva creata in
rapporto a tutti i cattolici della Bulgaria”;
lettera del 10/01/1926 a p. Manuscev: “Cooperiamo
tutti, e di cuore, colla preghiera e colla carità perché, nel silenzio e nel
perdono si chiuda questo troppo lungo periodo di dolori per la diocesi di
Roustchouk”; lettera del 13/10/1931 a don Raev: “Mi lasci il
conforto di sperare che se qualche debolezza ci fosse stata per umana fragilità
ella è ben decisa a riprendersi e a non riaprire una serie di dolori che
sarebbero anche per me un estrema amarezza e per lei motivo di afflizioni senza
fine”.
[7]
Cfr. lettera del 20/09/1925 a mons. Theelen: “Ciò
mi incoraggia a continuare nell’opera di assistenza. Anche se sarà accompagnata
ancora da qualche noia, pazienza: purché tutto riesca a buon fine. Quando la
grazia del Signore riuscisse a penetrare dentro quell’anima e ad infonderle lo
spirito di espiazione, chi sa che da tanto male passato non sia per provenire
un po’ di vero bene. Almeno è già un conforto lo sperarlo”.
[8]
Cfr. lettera del 22/08/1925 al card. Van Rossum: “La Chiesa, che è buona madre
anche coi figli traviati… chè è madre benigna”; 15/05/1926 a p. Krings: “come ha fatto sin qui si lasci portare dalla
santa volontà del Signore e della Santa Chiesa, che è buona madre”; 21/05/1926
a don Raev: “E si fidi sempre più come buon figliolo della Santa Chiesa Romana
che ancora l’ha accolto come buona madre nel suo seno generoso e ardente”;
26/04/1929 a mons. Theelen: “La Chiesa Cattolica, madre benigna anche dei figli
difettosi”.
[9]
Lettera del 22/08/1925 al card. Van Rossum.
[10]
Lettera del 26/01/1931 a mons. Theelen.
[11] Cfr. Lettera del 17/01/1926 a mons.
Theelen.
[12] Cfr. Lettera del 26/03/1926.
[13] Cfr. Lettera del 13/01/1931 a don
Raev.
[14] Cfr. lettera del 25/03/1926 a don
Raev.
[15] Cfr. Lettera del 11/09/1925 a mons.
Theelen.
[16] Cfr.
Lettera del 13/01/1928 a mons. Theelen.
[17] Cfr.
Lettera del 20/03/1926 a mons. Theelen.
[18] Cfr.
Lettera del 26/06/1926 a don Raev.
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