02 aprile 2014

Una settimana di Roncalli con i Passionisti in Bulgaria

Il vecchio seminario dei Passionisti a Russe,
dove Roncalli trascorse questi esercizi nel 1930
RITIRO SPIRITUALE A RUSSE
CASA DEI PADRI PASSIONISTI 
28 APRILE - 4 MAGGIO 1930

684. Fac me Cruce inebriari...

Un complesso di circostanze conferisce al mio raccoglimento spirituale una nota speciale di abbandono in Gesù sofferente e crocifisso, mio Maestro e mio Re. Le pene, attraverso le quali nei decorsi mesi il Signore ha voluto provare la mia pazienza, per le pratiche circa la fondazione del seminario bulgaro; la incertezza che perdura da oltre cinque anni quanto ai compiti definitivi del mio ministero in questo paese; le angustie e le difficoltà di non poter far di più, e del dovermi contenere in una vita di eremita perfetto, contro la tendenza del mio spirito alle opere del ministero diretto delle anime; il malcontento interiore di ciò che c'è ancora di umano nella mia natura, anche se sin qui sono riuscito a tenerlo in disciplina: tutto mi rende più spontaneo questo santo abbandono, che vorrebbe insieme essere elevazione e slancio verso una imitazione più perfetta del mio Divino Esemplare. 

Roncalli con mons. Theelen e i Passionisti a Russe
685. Intorno a me, in questa grande casa, solitudine assoluta e bellissima, negli effluvii della natura in fiore; in faccia, il Danubio; e, al di là del grande fiume, la ricca pianura rumena, che nella notte talora rosseggia pei depositi petroliferi in combustione. Durante tutta la giornata silenzio perfetto.
A sera il buon vescovo passionista mgr. Theelen viene a tenermi compagnia per la cena. 
Lo spirito resta applicato tutto il giorno alla preghiera e alla riflessione. Esercizi molto semplici. Seguo il testo di sant'Ignazio; secondoché mi torna più opportuno, mi soffermo o passo oltre. 
Letture: un trattato moderno del p. Plus: La follia della Croce, e qualche altro autore, spigolando qua e là. O Gesù, ti ringrazio di questa solitudine che mi dà vero riposo e gran pace spirituale. 
Come fiori spirituali di questo ritiro, piacemi cogliere e fissare qui alcune pochissime cose. 

686. Per divina grazia io mi sento, io voglio essere davvero indifferente a tutto ciò che il Signore vuol disporre di me quanto al mio avvenire. Le chiacchiere del mondo circa gli affari miei non mi toccano per nulla. Sono disposto a vivere così, anche se lo stato presente di cose dovesse restare immutato per anni e anni. Non esprimerò mai neanche il desiderio o la tendenza più lontana a cambiare, qualunque cosa ciò possa costare al mio sentimento. 
Oboedientia et pax. È il mio motto episcopale. Voglio morire con la gioia di aver sempre, anche nelle piccole cose, fatto onore alla mia impresa. 
Di fatto, se interrogo me stesso, non saprei che cosa desiderare o fare di diverso da quello che faccio ora. 

Roncalli con i Passionisti a Russe
687. Da qualche tempo recito ogni mattina dopo la santa messa - e parmi di recitarla di cuore - la preghiera con cui sant'Ignazio conchiude la grande meditazione del regno di Cristo: "O aeterne Domine rerum omnium, ego facio meam oblationem etc." [ES 98].
Veramente, mi costa un poco. Ma siccome voglio veramente tenermi tutto immerso nella santa volontà di Dio e nello spirito di Gesù, crocifisso e disprezzato, d'ora innanzi mi renderò abituale e quotidiana anche la seguente protesta, che è la ripetizione stessa delle parole di sant'Ignazio, là dove descrive il terzo grado di umiltà: 
 "O eterno Signore di tutte le cose, o Padre celeste, concedi a me, indegno servo tuo, che sempre resti fedele a questa attestazione: essendo uguale la lode e la gloria della Divina Maestà, io, per imitare Cristo nostro Signore e assomigliargli praticamente, voglio e scelgo la povertà con Cristo povero, piuttosto che le ricchezze; gli obbrobri con Cristo colmo d'obbrobrio, piuttosto che gli onori; e desidero di essere ritenuto sciocco e stolto con Cristo che, per primo, fu ritenuto tale, piuttosto che essere stimato saggio e prudente in questo mondo"[ES 98].
Comprendo bene le riluttanze della natura, ma conto sulla grazia del Signore, che su questa base della umiltà perfetta ha saputo piantare la santificazione di tante altre anime che riuscirono strumenti della sua gloria e diventarono illustri nell'apostolato per la causa della santa Chiesa. 

688. L'amore della Croce del mio Signore mi attira in questi giorni sempre più. O Gesù benedetto, che questo non sia un fuoco vano che si spegnerà alla prima pioggia, ma un incendio che arda senza mai consumarsi! In questi giorni ho trovato un'altra bella preghiera che corrisponde benissimo alle situazioni spirituali mie. È di un santo novellamente canonizzato: p. Eudes. Io umilmente la faccio pure mia. E spero che ciò non sia troppa presunzione. Nel testo si chiama: Professione d'amore per la Croce. 
"O Gesù, mio amore crocifisso, ti adoro in tutte le tue pene. Ti chiedo perdono di tutte le mancanze che ho commesso fino a ora nelle afflizioni che ti è piaciuto mandarmi. Io mi do allo spirito della tua Croce, e in questo spirito, come pure in tutto l'amore del cielo e della terra, abbraccio con tutto il cuore, per amore tuo, tutte le croci di corpo e di spirito che mi arriveranno. E faccio professione di mettere tutta la mia gloria, il mio tesoro e la mia letizia nella tua Croce, ossia nelle umiliazioni, nelle privazioni e sofferenze, dicendo con san Paolo: Mihi autem absit gloriari, nisi in croce Domini nostri Jesu Christi [Gal 6,14].
Quanto a me, non voglio altro paradiso in questo mondo se non la Croce del mio Signore Gesù Cristo"

689. Parmi che tutto mi conduca a rendermi abituale questa solenne professione di amore per la santa Croce. La profonda impressione che ebbi, e sempre mi accompagnò, durante tutta la cerimonia della mia consacrazione episcopale in Roma a San Carlo al Corso, il 19 marzo 1925; poi le asprezze e le vicende del mio ministero in Bulgaria in questi cinque anni di visita apostolica, senza nessuna consolazione, fuori di quella della buona coscienza; la prospettiva non sorridente dell'avvenire, mi convincono che il Signore mi vuole tutto per sé, sulla regia via sanctae Crucis [IC 2.12]. E su questa, e non su altra, io lo voglio seguire. 
Mi renderò perciò più familiare la meditazione della passione di Nostro Signore e gli esercizi di pietà che le si riferiscono; con devozione più fervorosa celebrerò la santa messa, lasciandomi tutto penetrare e inebriare dal sangue di Gesù, primo vescovo e pastore dell'anima mia [1Pt 2,25]. Oh, riuscisse anche a me, povero peccatore, lo sforzo magno nisu che sant'Ignazio raccomanda nella meditazione dei dolori di Gesù, ad dolendum, ad tristandum, ad plangendum [ES 195]. 

690. Una nota caratteristica di questo ritiro spirituale è stata una grande pace e letizia interiore, che mi rende coraggioso a esibirmi al Signore per ogni sacrificio Egli voglia chiedere al mio sentimento. Di questa calma e letizia voglio sia sempre più penetrata, dentro e fuori, tutta la mia persona e tutta la mia vita. Ciò non costa moltissimo alla mia natura; ma le difficoltà e i contrasti possono turbarmi nell'avvenire. Sarò ben vigilante per la custodia di questa gioia interiore ed esteriore. Bisogna saper soffrire senza neanche far intendere che si soffre. Non fu questo uno degli ultimi insegnamenti di mgr Radini di venerata memoria? 
L'immagine di san Francesco di Sales che mi piace ripetere con altri: "Io sono come un uccello che canta in un bosco di spine", deve essere un perenne invito per me. Quindi, poche confidenze su ciò che può farmi soffrire. 

691. Molta discrezione e indulgenza nel giudizio degli uomini e delle situazioni; inclinazione a pregare specialmente per chi mi fosse motivo di sofferenza; e poi in tutto grande bontà, pazienza senza confini, ricordando che ogni altro sentimento - alla macedone, come si può dire qui - non è conforme allo spirito del Vangelo e della perfezione evangelica. Pur di far trionfare la carità a tutti i costi, preferisco essere tenuto per un dappoco. Mi lascerò schiacciare, ma voglio essere paziente e buono fino all'eroismo. Solo allora sarò degno di essere chiamato vescovo perfetto, e meritevole di partecipare al sacerdozio di Gesù Cristo, che a prezzo delle sue condiscendenze, umiliazioni e sofferenze fu vero e solo medico e salvatore di tutta l'umanità: cujus livore sanati sumus [1Pt 2,24]. 
Raccomando alla mia cara madre Maria, al mio soave patrono san Giuseppe, questi richiami di nuova vita spirituale; e uscendo da questo ritiro riprendo con letizia la mia croce. Sempre avanti. Come mi torna alla mente il motto di mgr Facchinetti di venerata memoria, il caro padre spirituale dei primi dieci anni del mio sacerdozio: "Semper in cruce, oboedientia duce"! 

OFFERTA A UNA VITA CROCIFISSA 
692. "O mio Gesù, accordami una vita aspra, laboriosa, apostolica, crocifissa.
Dègnati di aumentare nell'anima mia la fame e la sete di sacrificio e di patimenti, di umiliazioni e di spogliamento di me stesso. Non voglio più, ormai, soddisfazioni, riposo, consolazioni, godimenti.
Quello che ambisco, o Gesù, e imploro dal tuo Sacro Cuore, è di essere sempre, ognor più, vittima, ostia, apostolo, vergine, martire per amor tuo".
(È del p. Lintelo, che fu in Belgio l'apostolo della Eucaristia e della riparazione)

[Testo pubblicato nel Giornale dell'anima]

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